Il Moro, la mia barca, ha perso, ma io tornerò. - Gli ulivi laggiù, secchi e pieni di ferite, ricordano la costa adriatica, tra la mia città e il Lido di Classe; per Dante una divina foresta viva, che adesso non c'è più. Qui è la mia culla, e l'acqua amica. "Bois ton sang, Beaumanoir" - è la frase che leggo in una pagina dei Quarantanove gradini di Roberto Calasso. Sono le parole inscritte nello stemma araldico di una famiglia antica, uno dei cui membri, per togliersi la sete, si invita a bere il proprio sangue. L'oggetto della narrazione è un luogo vuoto e comune su cui viene tratteggiata una finzione di questo tipo: non più di un'unità, non meno di zero.
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